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Le equazioni di Maxwell

Ringrazio Il SETI ITALIA
Le  equazioni di Maxwell


Maxwell  escogitò un modo per mettere per iscritto ciò che si sapeva al suo tempo sull'elettricità e sul magnetismo, un metodo per compendiare esattamente tutti quegli esperimenti con fili, correnti e magneti. Ecco le quattro equazioni di Maxwell per il comportamento dell'elettricità e del magnetismo nella materia:

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Arpe nabla ed equazioni di Maxwell nella materia. Legenda:E campo elettrico
B campo magnetico
Ė sovrapuntato variazione nel tempo del campo elettrico
B sovrapuntato variazione nel tempo del campo ma
gnetico
j corrente elettrica
ρ densità delle cariche elettriche
ε0 permittività elettrica (o costante dielettrica)
μ0 permeabilità magnetica
Occorrono alcuni anni di fisica a livello universitario per capire davvero queste equazioni. Esse si scrivono usando una branca della matematica nota come calcolo vettoriale. Un vettorescritto in grassetto, è una quantità che ha sia una grandezza sia una direzione. Novanta chilometri all'ora non sono un vettore, ma novanta chilometri all'ora sull'autostrada 1 in direzione nord sì. E e B rappresentano il campo elettrico e il campo magneticoIl triangolo con un vertice verso il basso, chiamato nabla (a causa della sua somiglianza con un tipo di arpa dell'oriente antico), esprime le variazioni dei campi elettrico o magnetico nello spazio tridimensionale. I segni per "prodotto interno" o "prodotto scalare" (rappresentato dal · punto) e per "prodotto esterno" o "prodotto vettoriale" (rappresentato dal segno ×) dopo il nabla, esprimono due diversi tipi di variazione spaziale. Ėsovrapuntato e B sovrapuntato rappresentano la variazione nel tempo, il ritmo di mutamento dei campi elettrico e magnetico. j sta per una corrente elettrica. La lettera greca minuscola ρrho rappresenta la densità delle cariche elettriche, mentre ε0 epsilon con zero e μ0 mu con zero non sono variabili, bensì sono proprietà della sostanza in cui sono misurati E e B, e sono determinate dall'esperimento. In un vuoto, ε0 (permittività elettrica) e μ0(permeabilità magnetica) sono costanti della natura. Se consideriamo quante quantità diverse sono riunite in queste equazioni, sorprende la loro semplicità. Esse avrebbero potuto richiedere pagine e pagine, ma come vediamo non è così.
15 1La prima delle quattro equazioni di Maxwell dice in che modo un campo elettrico dovuto a cariche elettriche (per esempio elettroni) varia con la distanza (esso diventa tanto più debole quanto più cresce la distanza). Il campo, inoltre, è tanto più intenso quanto maggiore è la densità di carica (quanto più grande è il numero di elettroni contenuti in un dato spazio).
16 2La seconda equazione ci dice che nel magnetismo non c'è una proporzione paragonabile alla prima, in quanto le "cariche" magnetiche (o "monopoli" magnetici) di Mesmer non esistono: se tagliamo in due parti un magnete a barra, non otterremo un polo "nord" e un polo "sud" isolati, ma ogni pezzo della calamita avrà un suo polo "nord" e un suo polo "sud".
16 3La terza equazione ci dice in che modo un campo magnetico variabile induca un campo elettrico.
15 4La quarta equazione descrive l'inverso: in che modo un campo elettrico variabile (o una corrente elettrica) induca un campo magnetico.
 
  
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Le quattro equazioni sono essenzialmente formulazioni distillate dai risultati di numerosissimi esperimenti di laboratorio, eseguiti principalmente da scienziati francesi e britannici. Le equazioni definiscono in modo esatto e quantitativo ciò che io ho descritto in modo vago e qualitativo. Maxwell si pose poi una strana domanda: che aspetto avrebbero queste equazioni in uno spazio vuoto, in cui non ci fossero cariche elettriche e correnti elettriche? Sembra ovvio prevedere che in un vuoto non ci siano nè campi elettrici nè campi magnetici. Maxwell suggerì invece che la forma delle equazioni per il comportamento dell'elettricità e del magnetismo nello spazio vuoto sia la seguente:

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A sx, le equazioni di Maxwell nella materia e a dx le equazioni nel vuoto (oggi, da interdersi come ISM, InterStellar Medium).

 

Maxwell fissò ρ uguale a zero, per indicare che non ci sono cariche elettriche. Pose uguale a zero anche j, per indicare che non ci sono correnti elettriche. Non eliminò però l'ultimo termine nella quarta equazione, μ0ε0Ė, la debole corrente di spostamento nei materiali isolanti. Perchè no? Come si può vedere dalle equazioni, l'intuizione di Maxwell conservò la simmetria fra i campi magnetico ed elettrico. Persino in un vuoto, nella totale assenza di elettricità, o addirittura di materia, Maxwell suggerì che un campo magnetico variabile suscita un campo elettrico e viceversa. 
Le equazioni dovevano rappresentare la natura, 
e la natura, secondo Maxwell, doveva essere bella ed elegante.
(Per conservare la corrente di spostamento in un vuoto c'era anche un'altra ragione, più tecnica, su cui qui sorvoleremo.) 
Questo giudizio, in parte estetico, da parte di un fisico secchione, del tutto sconosciuto tranne 
che a pochi altri scienziati accademici, 
ha fatto di più per plasmare la nostra civiltà di dieci presidenti e primi ministri scelti a piacere.

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Trasformata di Fourier

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Vi siete mai chiesti come funzionano i sintetizzatori musicali usati dai gruppi rock? Sentite il suono del moog della PFM  in Impressioni di settembre. Come produce quel suono? 
Lo strumento ha degli oscillatori, cioè dei circuiti che producono frequenze e la più semplice di esse è la sinusoide, che poi è il suono prodotto da un diapason. Fourier scoprì che se sommo in modo opportuno tali sinusoidi, posso "sintetizzare" qualunque forma d'onda corrispondente a qualsiasi strumento musicale. Io mi sono divertito a sintetizzare qualcosa di molto simile all'onda quadra, sommando alla frequenza fondamentale le sue armoniche dispari, cioè oscillazioni via via 3,5,7,9, ecc più alte ma con 3,5,7,9 ecc. ampiezze più basse. Il perchè di questo costituisce la teoria delle trasformate di Fourier. nella figura in alto in blu è la fondamentale le onde più piccole le armoniche, ne rappresento solo tre, mentre in viola è la somma delle 3,5,7,9,11,13, quindi 5 armoniche. Già con 10 di esse si ha un qualcosa di molto simile all'onda quadra.Se volete, ho il file excel.

(da Wikipedia).La trasformata di Fourier è largamente utilizzata nell'analisi in frequenza dei sistemi dinamici, nella risoluzione delle equazioni differenziali e in teoria dei segnali. Ad esempio, nell'ingegneria dei sistemi la trasformata di Fourier della risposta impulsiva caratterizza la risposta in frequenza del sistema in oggetto.

Il motivo di una così vasta diffusione risiede nel fatto che si tratta di uno strumento che permette di scomporre un segnale generico in una somma infinita di sinusoidi con frequenzeampiezze e fasi diverse; e successivamente permette di ricostruirlo tramite la formula inversa di sintesi (o "antitrasformazione"). L'insieme di valori in funzione della frequenza, continuo o discreto, è detto spettro di ampiezza e spettro di fase.

Se il segnale in oggetto è un segnale periodico, la sua trasformata di Fourier è un insieme discreto di valori, che in tal caso prende il nome di spettro discreto o spettro "a pettine": la frequenza più bassa è dettaarmonica fondamentale ed è quella che ha peso maggiore nella ricomposizione finale del segnale, mentre le altre frequenze sono multiple della fondamentale e prendono talvolta il nome di "armoniche secondarie". In questo caso la rispettiva formula inversa di sintesi costituisce lo sviluppo in serie di Fourier della funzione o segnale periodico originario. Se il segnale ha un valor medio diverso da zero la serie restituisce anche una componente costante che lo rappresenta. Se un segnale periodico viene troncato all'esterno di un certo intervallo in ascissa rimanendo definito solo all'interno di un certo intervallo di definizione, lo spettro risultante sarà quello discreto in cui però ciascuna riga si allarga nel dominio della variabile dipendente di un valore pari all'inverso dell'intervallo di definizione del segnale stesso.

Nel caso in cui la funzione sia non periodica lo spettro è continuo, e tanto più è esteso lungo l'asse delle frequenze quanto più è limitato nel dominio originario della variabile indipendente, e viceversa.

La teoria della trasformata e antitrasformata di Fourier generalizza dunque la teoria della Serie di Fourier al caso di segnali non periodici, ricomprendendo i segnali periodici come caso particolare ed insieme confluiscono nell'analisi di Fourier e nell'analisi armonica.

La trasformata di Laplace è un'estensione della trasformata di Fourier che è stata introdotta poiché consente di trattare funzioni particolari che non sono integrabili secondo Fourier, come le funzioni continue a tratti. Data la trasformata di Laplace di una funzione (o segnale), sotto determinate ipotesi si può ottenere la sua trasformata di Fourier ponendo s = 2\pi \cdot i \cdot f, dove i è l'unità immaginaria e f = \omega / 2 \pi la frequenza delle sinusoidi di base la cui combinazione lineare determina la trasformata di Fourier.

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Equazioni differenziali

Partiamo da una equazione che esprime la seconda legge della dinamica, della serie "ma Newton non si poteva fare i fatti suoi?"

F=ma, dove F sono le forse applicate ad un corso di massa m ed a è la sua accelerazione.

Questa dice che se conosco F ed m, posso calcolare a ed, in generale, se conosco due grandezze, ne ricavo la terza(non è possibile calcolare due cose se ne conosco solo una!)

Ma questa equazione è solo apparentemente semplice, nasconde un tranello. "Se io voglio sapere che velocità ha la nostra massa? O come si sposta?" Semplici ed innocenti domande, ma che scatenarono la scoperta di una nuova branca della matematica, il calcolo differenziale.
Cosa è la velocità, cosa è lo spostamento? Come sono legate all'accelerazione?

Vediamo. La velocità è come varia lo spostamento nel tempo: la scriviamo ds/dt (variazione della velocità rispetto alla variazione del tempo). Volgarmente è la derivata dello spostamento (si veda cosa è la derivata). Quindi v=ds/dt
L'accelerazione è come varia la velocità nel tempo: la scriviamo dv/dt . E' la derivata della velocità.

Quindi posso scrivere f=m dv/dt oppure ancora f= m d/dt ( ds/dt) cioè m d2s/dt2. Urka! la forza  è uguale alla massa moltiplicato la derivata seconda dello spostamento.

Il problema cioè che si pone è: conosco F ed m e devo calcolare una grandezza, la velocità, tale che la sua variazione nel tempo sia pari a F/m ed ancor peggio per lo spostamento. La variazione della variazione nel tempo dello spostamento è sempre uguale a F/m!

Quello che voglio dire è che f=ma è un'equazione in cui dentro ci stanno derivate: è un'equazione differenziale. L'ingognita sono funzioni del tempo, cioè come si sposta o che velocità ha un oggetto, istante per istante. Nel nostro caso dobbiamo trovare quella funzione del tempo, lo spostamento, che derivato non una ma due volte, sia uguale a F/m. Nota bene che è, in qualche modo, il problema inverso di calcolare derivate. devo cioè trovare funzioni che derivate diano il risultato noto, Esso si chiama calcolo integrale, e furono per questo create quelle strane formule che hanno una strana e sinuosa s all'inizio (vedi formula 9)

Immenso problema matematico, di cui non esiste soluzione unica, è come risolvere qualunque equazione differenziale. Lo si sa fare per classi di funzioni, non per tutte e spessissimo vengono usati i computer per risolverle numericamente.

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Risoluzione delle equazioni

Ha angustiato e sempre angustierà gli umani. Non esiste un metodo unico per risolverle, per trovare cioè il termine incognito. Perchè possono essere differenti sia il tipo di equazione che il tipo di incognita, in un mix infinito di varianti.

Ad esempio, le 1,4,6,13,16 vediamo che hanno solo le quattro operazioni con l'aggiunta di una radice quadrata(1). In tal caso la matematica elementare ci aiuta molto dato che semplici regole ci consentono di calcolare ciò che vogliamo. Se, ad esempio, sposto un termine al di là dell'uguale, se è posivivo diventa negativo e viceversa, purchè sia presente solo col + o col -. Se invece è a moltiplicare, se lo sposto è a dividere e viceversa. Ad esempio E=mcimplica che E/c2=m.

In altri casi il legame tra le grandezze è "incapsulato" in altri operatori matematici più complessi, come funzioni goniometriche (seno, coseno, tangenti) che hanno a che fare con grandezze angolari, oppure in logaritmi/esponenziali (2,7,9,15). In questi casi esistono precise procedure per risolverle, che torturano ogni studente delle superiori.

Molto più difficili sono le altre. Le grandezze incognite sono funzioni, cioè infinite coppie di valori legate fra di loro da una legge, da un "andamento". E' l'Everest della matematica.

Nota:

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Esempio del grafico di una funzione. Essa è una particolare funzione, parabola, molto comune in natura. L'antenna parabolica per vedere sky, oppure immaginate di stare nel punto -1 e lanciare in alto ed in avanti una pietra...cadrà a 1, descrivendo, nel tempo, la traiettoria in figura. Come potete notare, ci sono due assi evidenziati, uno orizzontale e l'altro verticale. Si chiamano ascisse ed ordinate ed ogni punto della funzione ha due coordinate, sui due assi. la cosa notevole è che mi accorgo che c'è un legame tra le infinite coppie. In questo caso il valore delle ordinate è il quadrato di quello sulle ascisse. Ma può essere, in generale, un legame matematico qualsiasi. Qua non voglio fare una trattazione rigorosa sulle funzioni, ma è necessario intuire cosa sono.

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Equazione di Schrödinger

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Parto dai miei appunti di quando ero studente: come potete vedere, questa equazione sembra una serie di caratteri scritti da un pazzo. E sembra diversa da quella in alto, ma non lo è. nell'equazione scritta in alto, H, è la cosidetta Hamiltoniana del sistema. Hamilton è un altro che si doveva fare i fatti suoi. Per farla breve, in H sono inserite derivate rispetto al tempo ed allo spazio. Dopo qualche calcolo si perviene a quella manoscritta. Per le date, non preoccupatevi.

Come si può notare questa è un'equazione d'onda, molto simile a quella riportata nell'articolo delle equazioni. Ma è un'onda strana ed esotica, che si muove nel campo dei numeri complessi, anzi in uno strano spazio, quello di Hilbert (sempre H!). Lo possiamo vedere anche dalla presenza di i a secondo membro le δ presenti stanno a significare "derivate parziali" rispetto ad una sola variabile, nel caso che ho una funzione, nel nostro caso Ψ che dipende sia dallo spazio che dal tempo. Solo il suo "modulo quadro" ha senso fisico diretto.

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