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Ripensare i percorsi partendo dai fondamentali

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Luglio 2018

contributo per il confronto sulla costituzione di Leu

Chiunque voglia firmare il documento, perché ne condivide i contenuti, può farlo scrivendolo nei commenti.

Abbiamo appreso dai vari documenti prodotti e dal confronto di questi mesi che un gruppo ristretto di dirigenti sia disposto a fare tutto per la costruzione di una nuova sinistra, tranne quello che è necessario.

Ci stiamo chiedendo perché un progetto sconfitto, strutturalmente marginale, che non può incidere sugli effetti della crisi, dato il suo scarso peso nelle dinamiche politiche, che si è caratterizzato per notevoli errori compiuti dagli uomini che lo hanno portato avanti, tuttavia vada perseguito.

Un passo indietro -

- L'instabilità del capitalismo. Rischio, limite, incertezza e crisi -

Ci sono molteplici fattori che ci inducono a considerare che la fase storica che stiamo attraversando non abbia più i caratteri di una transizione, ma abbia assunto i caratteri di una vera e propria mutazione, che si delinea attraverso alcuni principali elementi (Laino):

- il grande ciclo di trasformazione dei fondamentali dell'economia e della produzione;

- la rottura di cornici novecentesche e un diffuso sentire di un nuovo disagio della civiltà;

- il passaggio dalla fine del colonialismo alle rivolte negli stati arabi del Nord Africa e cambiamento dei governi;

- l'aumento delle possibilità di spostamento di ampie masse di popolazione; la crescita

della mobilità e la riduzione della stanzialità e quindi della prossimità; prevalenza del flusso e del movimento sul luogo, sul radicamento;

- la progressiva emancipazione delle donne e trasformazione dei peso dei vincoli materiali e culturali nella riproduzione sociale;

- i cambiamenti pertinenti alla vita personale e alla riproduzione dei rapporti sociali;

- la precarietà, l'uomo flessibile, la diffusione del lavoro flessibile come esperienza di massa, soprattutto per alcune generazioni, con il portato dell'egemonia della temporaneità che tali esperienze inducono; si sfalda ”Il diamante del lavoro, che aveva tre facce che riflettevano luce a varia intensità, il lavoro salariato e normato, il lavoro autonomo e le professioni libere, si è scheggiato in una molteplicità di schegge dove più che le forme di cui si è al lavoro conta quanto si è nomadi lungo il ciclo produttivo e quanto si è multiattivi, cioè disponibili a più attività lungo l’arco della propria esistenza. Questo vale sia per chi è fuori nel ciclo della subfornitura, sia per chi è nel sottoscala del lavoro sommerso, che per i tanti al lavoro nella rete dei servizi” (Bonomi)

- l'incremento esponenziale del tasso di alfabetizzazione e dei livelli d’istruzione.

- l'innovazione nella ricerca biologica e biomedica e loro esiti nelle terapie;

- l'ampia e diffusa propensione in molti ambiti di ricerca verso il cambio di paradigmi e l'adozione assemblata, contaminata di diversi approcci;

- l'evidente cambiamento della concezione di pubblico.

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Dove nasce la confusione?

Quando non abbiamo sotto controllo tutte le informazioni su un determinato argomento, non possiamo trarre conclusioni utili ed efficaci per agire. Si agisce allora usando l'esperienza pregressa e/o si agisce d'istinto mettendoci dentro anche una dose di irrazionalità. Nel caso del rapporto che abbiamo con chi è diverso da noi, a partire dai nostri immediati vicini per finire a quelli via via più lontani, vige una sorta di principio di autosimilarità: non sopporto i miei cari, poi i miei coinquilini, quelli del quartiere, poi odio i miei concittadini. I napoletani odiano i casertani, i lombardi i campani, gli italiani i francesi. Gli europei i migranti. Una spirale divergente di insopportabilità che ha radici nella nostra psicologia e nei comportamenti di gruppo, terreno della politica. Se sto bene con me stesso sto bene anche con gli altri, quindi, secondo me, la genesi del disagio verso il diverso si basa sul fatto che in fondo, io stesso non mi sopporto. Vorrei essere più ricco, più libero sessualmente, avere un lavoro e dei rapporti sociali migliori. Se non ho queste cose ho varie possibilità, dalla più semplice e banale a quelle via via più complesse.  La più semplice è ovviamente seppellire i miei problemi esistenziali e prendermela con chi rep

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uto la causa dei miei mali, attaccandoli direttamente, direi fisicamente, non per quello che rappresentano ma per quello che appaiano a me, dato che già inquadrarli politicamente comporta un'analisi che mi costa fare.

Tornando alla mancanza di informazioni, esse sono fornite da sorgenti ovviamente esterne a me, ma su cui io non sono neutrale, nel senso che finisco per scegliere le sorgenti più comode ed affini al mio modo di pensare, generando un modo perverso di elaborare modelli di ciò che accade. Il modello compiace i miei preconcetti. Tale fenomeno è tanto più marcato quanto più è alto il mio disagio, il mio retroterra culturale e la mia base di esperienze. Può accadere che ciò che non vedo addirittura finisce col non esistere: ma in realtà non voglio vedere e non voglio che esista, troppo impegnativo e sgradevole.

Esempio: i migranti esistono perchè dalle loro parti stanno evidentemente male. E stanno male perchè in quei luoghi si sta male, per cause interne ma anche perchè i loro luoghi sono depredati da altri, da stranieri, cioè da noi, o meglio, da quelli che tra noi hanno la forza e la capacità di depredarli. E, in mancanza di una analisi di questi processi, troviamo estremamente comodo prendercela con quelli che ai semafori ci puliscono per l'ennesima volta il parabrezza. vengono da noi a raccogliere pomodori e ci incazziamo perchè tolgono lavoro anzichè lottare, noi, contro chi offre il lavoro sfruttando chi lo dà.

Possiamo quindi dire che il problema dei migranti sia uno dei tanti fenomeni che testimoniano che i miei problemi esistenziali hanno una delle loro genesi nel fatto che viviamo in una società ineguale, basata sullo sfruttamento multilivello. Ma se posso in qualche modo contrastare il mio vicino cazzimmoso, mi accorgo che, se voglio migliorare il mio posto nel mondo, devo coalizzarmi per lottare contro chi sfrutta il mondo per i propri interessi di accumulo di potere e ricchezza. Questo però p politica, che è fatica, uso di passione ed intelligenza, coinvolge me e gli altri. Troppa fatica. Meglio odiare, finchè dura.

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Non facciamo come la teoria delle stringhe

Nel 1968 un giovane fisico italiano diede il via ad una teoria che ipotizzava una nuova interpretazione delle particelle elementari: esse erano modi di vibrazione di una entità ad una sola dimensione, una corda vibrante, una stringa(corda=string).

La teoria delle stringhe ha monopolizzato la ricerca scientifica fondamentale fino ad oggi. Ha avuto i maggiori finanziamenti, il maggior numero di professori e ricercatori, mettendo in un angolo altri settori di ricerca. Man mano che si sviluppava, diventava via via più complessa, cercando di superare contraddizioni, vincoli, ostacoli matematici e fisici. Ha generato un paesaggio di teorie possibili, il cui numero supera di gran lunga il numero di particelle dell'universo che cerca di interpetrare. Ha creato, inoltre, un atteggiamento settario di difficilissima critica, basato forse sul fatto che è terrificante ammettere di aver perso tempo per 50 anni.

Ma la teoria è affascinante, bella, elegante: pensare al nostro mondo fatto di una danza o di una musica di corde vibranti ha un chè di poetico, accattivante ed anche metafisico.

Ma è probabile che quest'affabulazione sia solo tale, è probabile che la teoria sia sbagliata e non sia la cura per comprendere come funziona il nostro universo.

Non so voi, ma vedo assonanze con la situazione politica attuale, in cui il fascino e la componente giusta ma limitata dell'irrazionalità prevale sulla ragione, E non vorrei che tale situazione possa durare 50 anni, che la fisica ha sostanzialmente perso.

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La casa di carta

Che qualcosa non quadri questo è certo. I soldi è già da tempo che non vengono più stampati da noi ma ci vengono prestati ad un tasso correlato allo spread. Quindi in raltà di Euro ne esistono vari, in funzione del diverso valore del tasso di interesse che i diversi stati riescono a spuntare.

I soldi, i soldi, sono pezzi di carta. E, dopo aver visto la casa di carta, mi immagino questo.

Segretamente la nostra zecca si mette a stampare banconote da 50 euro con numeri di serie non registrati. Ne fa 4000 miliardi. Con molta circosprezione ne immette piccole somme per ripianare il debito e per finanziare nuove assunzioni pubbliche ed aziende con alto valore aggiunto. Altre piccole somme vengono impiegate per risanare i servizi pubblici. Altre ancora per dotarsi di tutti gli strumenti necessari per debellare l'evasione fiscale ed il lavoro nero.

Tutto con lentezza e costanza.

Se questo non lo si fa, non è per impossibilità tecnica o economica, ma perchè si vuole che stiamo male. 

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Oggi, 27 marzo 2018

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Grande disordine sotto al cielo, la situazione è eccellente. Non è solo un aforisma di Mao supercitato, ma una frase che rispecchia pienamente quello che penso. Sono preoccupato, ma una strana serenità mi prende quasi alla sprovvista. Deriva dalla constatazione che è iniziata l'epoca della non ipocrisia. Come se tutti i sottintesi, gli infingimenti, i non detti, le cose dette a bassa, bassissima voce siano finalmente venuti fuori, addirittura deflagrati. E' come quando riesci finalmente a dire al tuo parter di una vita "non ti sopporto più", "non ti amo più", "non ti sopporto più". 

Da quando ero ragazzino odiavo il PCI, revisionista, traditore della rivoluzione fino al punto di volere il compromesso storico temendo il riavvento del fascismo, ma in realtà  flertava con la borghesia e le sue istituzioni. Per me era naturale una sua irreversibile involuzione, di pari passo con quella sindacale, verso i sacri lidi del liberismo, del mercato e dell'ideologia capitalistica. La logica conclusione di questa corsa verso la morte era ed è il renzismo. Finalmente niente ipocrisia, diamine finalmente il palesamento di una scelta voluta, perpetrata e spacciata per l'unica possibile. Noi duri e puri, forti della nostra cultura, studi e tempreti da mille sconfitte, forti di questa nostra capatità resiliente, ci siamo adattati, in fondo ci stava bene perchè stavamo bene. E molti di noi, che hanno costruito la loro vita facendo slalom nel sistema che odiavamo, si sono ridotti a sirene incantatrici di un mondo inesistente. Siamo diventati esperti nei dibattiti e nei convegni, nelle cene, con i nostri amici meno colti che ci divertivamo a sputtanare.  

Ce ne siamo fottuti di quelli non appartenenti alla nostra tribù, alla nostra compagnia di giro, che ci sembrava comprendere ipocritamente tutti, anche a causa dell'avvento dei social, che ha reso globale tale compagnia. Quanti stronzi ci sono, milioni di milioni.

Ma contemporaneamente il frutto avvelenato dell'abbandono delle pratiche politiche e dell'ideologia comunista, socialista, marxista, fate voi, generava un mondo perverso. La globalizzazione amplificava le disuguaglianze tra le classi sociali, i partiti diventavano autorefenziali e centri di potere, la scuola veniva distrutta, la televisione rincoglioniva le masse già atavicamente ignoranti. Un sabba di perversione che ha fatto lievitare, giustamente il disprezzo per tutto ciò che fosse minimamente istituzionale. Con la globalizzazione, inoltre, il nemico di classe sparisce, si nasconde in una nuvola di bit, non è più il classico pardone in grisaglia. Addirittura, se c'è, lo vedi come uno che veste come te, in pullover e jeans.

Logica conclusione di questo andazzo è l'avvento di chi offre cose semplici, ovviamente non facili, lavorando su una parte del nostro corpo sempre volutamente sottovalutata, la cosiddetta pancia, come se noi non fossimo una cosa unica, fatta di testa, cuore, pancia e organi riproduttivi(eufemismo). Abbiamo smesso di parlare alle pancie perchè le avevamo piene e perchè ervavamo e siamo sostanzialmente anaffettivi. 

La gente non crede più in noi, qualunque cosa diciamo, perchè noi non vogliamo bene alla gente, anzi, diciamola tutta, la disprezziamo. Parlo come fatto collettivo, qualche trascurabile eccezione viene tollerata, anche se a malincuore.

Ma, per lo meno, è finito il tempo dell'ipocrisia. La storia ci ha sputtanato, è il momento della chiarezza, della totale scoperta della falsità e dell'inganno perpetrato verso i più deboli che non ci sopportano più. E' finito il tempo del si ma però, del si ma anche, delle frasi fatte, l'Europa dei popoli, l'euro salvifico, delle parole inglesi, delle coperture, Siamo stati bravi a tollerare ed in molti casi ad approvare una grammatica che nascondeva la distruzione di interi pezzi della società, ma ora siamo arrivati dopo all'ammazzacaffè, al rutto scostumato ma liberatorio.

Ripartire a qui., dalla definitiva sconfitta della falsità. La gente chiede questo e per molti, forse troppi di noi è troppo. Ma è anche bello sapere che, se vogliamo ricostruire una qualsiasi cosa di sinistra, lo dovremo fare più col cuore e con la pancia, che con la testa.

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